Corpus Domini: un miracolo da riscoprire e da amare

Il cammino degli ultimi anni mi ha portato ad approfondire anno dopo anno il mistero infinito dell’Eucaristia, come della devozione ai Sacri Cuori di Gesù e Maria che è profondamente legata a quella del Corpus Domini. Condivido in questo articolo, le scoperte in cui mi sono imbattuta e le riflessioni a cui mi hanno condotta, ovviamente attraverso la mia personale interpretazione e forma mentis. Nella speranza che esse possano essere di aiuto anche a voi e con la coscienza che questo cammino di scoperta non avrà mai fine.

All’inizio del mese di giugno, dedicato al Sacro Cuore di Gesù, abbiamo osservato come questa ricorrenza sia legata strettamente a quella del Cuore Immacolato di Maria. La mistica che collega le due devozioni va però molto al di là delle due feste dei Santissimi Cuori di Gesù e Maria e alle pratiche ad esse legate. Esse infatti sono per loro natura strettamente unite a quella del Corpus Domini (ovvero Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo) di cui oggi, domenica 19 giugno 2022, in Italia si celebra la ricorrenza.  

La sacralità della festa
Processione del Corpus Domini

In molti stati, come ad esempio in Austria, dove vivo, il giorno dedicato alla festa del Corpus Domini è quello originariamente determinato dalla Chiesa fin dalla sua origine, ovvero il primo giovedì dopo la festa della SS. Trinità, che in alcune località rappresenta anche civilmente un giorno festivo; invece in Italia purtroppo, in seguito all’approvazione della legge civile nr. 54 del 1977 in materia dei giorni festivi della Repubblica, la festa del Corpus Domini e quella dell’Ascensione del Signore (quaranta giorni dopo la Pasqua) sono state spostate dal giovedì alla domenica successiva alla loro rispettiva festa, cosa che, secondo la mia esperienza, ha „annacquato“ la capacità ricettiva dei fedeli. Ho l’impressione che senza adeguata catechizzazione, essi tendano ad assimilarla ad una „semplice e normale“ festa domenicale, facendo difficoltà a percepire l’importanza della ricorrenza, che di per sé è anche festa solenne. Da quando sono arrivata in Austria, ho riscoperto anno dopo anno la grandezza e l’unicità di questa festa straordinaria, che ci ricorda il mistero che sta alla base della nostra fede.

In gran parte d’Italia negli anni si è persa anche la tradizione delle processioni del Corpus Domini, in cui l’ostensorio con il corpo di Cristo viene portato per le strade della parrocchia protetto e allo stesso tempo posto in evidenza da un baldacchino che richiama l’attenzione degli abitanti della zona e dei passanti. Una tradizione che dimostra contemporaneamente la signoria di Gesù Cristo su di noi, sui nostri luoghi, e sui nostri concittadini e l’umiltà del Gesù misericordioso il quale, invece di aspettare che noi uomini entriamo in chiesa “a trovarlo”, esce Lui per le strade, offrendosi a tutti. Certo, spesso le finestre delle case rimangono chiuse al suo passaggio e l’indifferenza sembra regnare, ma il Signore, offrendosi “come sacrificio vivente” anche a chi per adesso lo rifiuta, paradossalmente vince anche su quel silenzio, vuoto o addirittura ostile.

Trovo che l’aver spostato il giorno dedicato al Corpus Domini alla domenica, non abbia facilitato la comprensione del mistero stesso, perché ci ha fatto perdere un altro elemento distintivo del mistero eucaristico, cioè il fatto che si festeggi proprio di giovedì. Lo scandire del tempo dettato dalle feste cristiane non è mai casuale: il giovedì è il giorno dell’Ultima Cena, dell’istituzione del sacramento del sacerdozio e del memoriale eucaristico, come il venerdì è il giorno della crocifissione e morte di Nostro Signore, il sabato è il giorno del silenzio, in cui si contempla la Madre di Dio, che aspetta con fede la vittoria del Figlio, e la domenica è la resurrezione.

I miracoli eucaristici

La festa del Corpus Domini è nata nel ‘200, in un periodo in cui alcune eresie mettevano in dubbio la transustanziazione e fra gli stessi sacerdoti non mancava chi faticava a credere che l’ostia consacrata fosse in sostanza, pur sotto specie diverse, il corpo di nostro Signore Gesù Cristo.

Ma il buon Dio non ci lascia mai soli e ogni tanto ci dà quell’aiuto in più di cui abbiamo bisogno e così nella storia si sono succeduti non pochi miracoli eucaristici, alcuni anche approfonditamente studiati e confermati dalla Santa Sede. Questi miracoli consistono nella “trasformazione” visiva parziale o totale dell’ostia consacrata in tessuto di carne umana o del vino nel sangue fresco scaturito dalla particola o presente nel calice.

Che poi i cosiddetti “miracoli” eucaristici non si dovrebbero chiamare così: essi sono “semplicemente” il rendersi palese ai sensi umani del vero grande miracolo, ovvero quello della trasformazione dell’ostia consacrata nel corpo e sangue di Gesù. Il pane che viene spezzato è già vera carne e vero sangue, solo che noi non lo percepiamo se non con la grazia della fede. Quando le particole “rivelano” ai sensi la loro vera sostanza, quindi, è come se il Signore concedesse al “miracolo” di esserlo “un po’ meno”, così da diventare potenzialmente evidente a tutti. 

Questa osservazione non toglie però il fatto che il rivelarsi miracoloso del corpo e sangue di Gesù Cristo in questi eventi di così forte impatto, sia un dono prezioso e dolcissimo di nostro Signore, che conferma la nostra fede e ci rende ancor più familiari con la presenza di suo Figlio qui e ora fra noi in spirito e in carne.

Il giovane beato Carlo Acutis (1991–2006), ha dedicato ai miracoli eucaristici, come alle apparizioni mariane e ad altri temi che lo appassionavano particolarmente, una mostra virtuale che ha creato, da ragazzino, e caricata online a beneficio di tutti. Adesso è visibile in molte lingue su questa pagina, a cui rimandiamo.

In questa sorta di icona del beato Carlo, è rappresentato mirabilmente quanto egli fosse innamorato di Gesù Eucaristia: Carlo si adagia sul petto del suo Signore, afferrandolo con una mano, lasciandosi proteggere da Lui e soprattutto appoggiando il suo orecchio sul cuore pulsante di Gesù, novello discepolo Giovanni, non a caso quello giovane e il suo favorito.

Il legame carnale fra Maria e Gesù

Come abbiamo già avuto occasione di sottolineare nel nostro primo articolo di giugno, la carnalità di Gesù è ereditata da quella di sua Madre, Maria, fatto che ci permette di intuire profondamente come i due Cuori battano allo stesso modo e siano fatti della stessa materia. Questo non è un semplice modo di dire: la discendenza umana Gesù l’ha presa tutta e sola da Maria, cosa che ha reso Gesù anche vero figlio di Davide ed ebreo (l’appartenenza al popolo ebraico, ancora oggi, si trasmette tradizionalmente solo da parte di madre). Il dogma dell’Immacolata Concezione (proclamato da papa Pio IX nel 1854 e confermato dalla Madonna stessa a Santa Bernardette a Lourdes nel 1858) ovvero la certezza che Maria sia stata concepita priva del peccato originale ereditato da tutti noi da Adamo ed Eva, ci dice che il Signore aveva preparato Maria, la nuova Eva, fin dal suo concepimento a ricevere il Figlio di Dio nel suo grembo: essendo Maria vera Madre di Dio e avendo portato Gesù nel proprio utero per nove mesi, doveva necessariamente essere “tutta pura”. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (parte prima, sezione seconda, capitolo secondo) si legge:

508 Nella discendenza di Eva, Dio ha scelto la Vergine Maria perché fosse la Madre del suo Figlio. « Piena di grazia », ella è « il frutto più eccelso della redenzione »: 180 fin dal primo istante del suo concepimento, è interamente preservata da ogni macchia del peccato originale ed è rimasta immune da ogni peccato personale durante tutta la sua vita.

509 Maria è veramente « Madre di Dio », perché è la Madre del Figlio eterno di Dio fatto uomo, Dio lui stesso.

Inoltre nella Gaudium et spes par. 22, troviamo:

Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo.

Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo (31) ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché il peccato (32). Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita; in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi (33) e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l’Apostolo: il Figlio di Dio « mi ha amato e ha sacrificato se stesso per me» (Gal2,20). Soffrendo per noi non ci ha dato semplicemente l’esempio perché seguiamo le sue orme (34) ma ci ha anche aperta la strada: se la seguiamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano nuovo significato.

Se pensiamo quindi alle conoscenze scientifiche attuali sul profondo scambio di cellule fra mamma e feto, scambio che è accaduto anche fra Maria e suo Figlio nei nove mesi di gravidanza, e rileggiamo i brani precedenti, non possiamo non stupirci e commuoverci davanti al grande mistero della maternità della Madonna e della sua eredità carnale trasmessa a Gesù.

Gesù ci dona il suo Santo Cuore

La scienza ci ha permesso anche grandi passi avanti nella comprensione del mistero dell’incarnazione di Dio attraverso gli stessi miracoli eucaristici. Oggigiorno l’uomo sembra avere molto bisogno di certe prove oggettive e razionali, quindi questi risultati possono essere di aiuto; non dimentichiamoci, però, che non sono essenziali alla credenza tramite fede: “beati quelli che non hanno visto e hanno creduto” (come riprende anche il motto di questo blog). Trovo comunque particolarmente interessanti i risultati delle analisi dei tessuti o del sangue rinvenuti nelle particole. Fra tutti, citiamo quelle molto recenti del dott. Franco Serafini, autore del libro: “Un cardiologo visita Gesù. I miracoli eucaristici alla prova della scienza” (edizioni Studio Domenicano)” , in cui rende conto delle proprie analisi di cinque miracoli eucaristici:

  • Lanciano (Italia, 750 d.C.)
  • Buenos Aires (Argentina, 1992, nella diocesi dell’appena nominato vescovo ausiliare mons. Bergoglio, 1994, 1996)
  • Tixtla (Messico, 2006)
  • Sokółka (Polonia, 2008)
  • Legnica (Polonia, 2013)
Miracolo eucaristico di Lanciano

Un’intervista molto bella al dott. Serafini a proposito della sua ricerca la si può trovare qui. Per me, che ho una storia di studi scientifici alle spalle, i risultati di queste analisi sono di estremo interesse e veramente affascinanti. Tra l’altro essi confermano anche studi precedenti, come ad esempio quello del prof. Linoli negli anni ’70, per quanto riguarda Lanciano, e di quelli dei laboratori argentini, di Sydney e di New York in anni diversi per quanto riguarda Buenos Aires. Le certezze che abbiamo sui tessuti delle particole consacrate come sul sangue sono le seguenti:

  • Il sangue è umano, maschile, del gruppo AB positivo.
  • Il tessuto è muscolare umano estratto da un miocardio, precisamente dal ventricolo sinistro.
  • Il tessuto è ancora vivente
  • Il tessuto è di un uomo sofferente (“quadro istologico o laboratoristico compatibile con quello di un uomo politraumatizzato e con evidenti segni di intenso stress” [Serafini] ; “il cuore aveva subito un grave stress, come se il proprietario fosse stato picchiato duramente sul petto“ [dott. Zugibe, NY])
  • Il DNA “sfugge ai comuni marcatori di identificazione” [Serafini]
Miracolo eucaristico di Buenos Aires

Alcune osservazioni su questi risultati.

Il sangue (DNA maschile di gruppo AB, il più raro) è lo stesso che è stato rinvenuto nella Sacra Sindone (Torino, Italia) e sul Sudario di Oviedo (Spagna)[1]. Il fatto che la porzione di muscolo cardiaco corrisponda al ventricolo sinistro è anche altamente simbolico, perché nel sistema di circolazione sanguigno, è il ventricolo sinistro che pompa il sangue ricco di ossigeno verso l’intero organismo portando nutrimento ed ossigeno a tutte le cellule. Così l’eucaristia ci porta vero nutrimento non solo allo spirito, ma anche al corpo: noi assimiliamo la Sua sostanza. È una nutrizione profonda, per noi la più essenziale.

E quanto emoziona sapere che l’ostia consacrata, che è il corpo di Cristo, ci viene presentata da nostro Signore in forma sensibile come il Cuore di Gesù, il quale racchiude, quindi, tutto il Suo essere vero Uomo e vero Dio. Trovo commovente anche il fatto che il DNA sia difficilmente analizzabile: Gesù ci offre il suo Cuore, ovvero tutto se stesso, ma non si fa conoscere del tutto, non ci vuole togliere la libertà di poterlo misconoscere o rifiutare. Il suo è il vero Amore totalmente disinteressato.

Il Cuore di Gesù come fonte di nutrimento

Per chi si ciba del Corpo di Cristo tutto ciò è commovente, ma forse non sorprende del tutto. Ma forse non sorprende neppure chi non conosce il Credo della Chiesa Cattolica. Perché in fin dei conti nelle comunità umane, sia quelle più primitive che quelle culturalmente più sviluppate, il cuore ha da sempre rivestito un ruolo centrale, ad esempio come sede dell’anima, come per alcune civiltà, o come simbolo di vita, perché la vita stessa si conclude, pensavano, se esso cessa di battere.

Ma il cuore è soprattutto, e non solo dai tempi moderni, il simbolo dell’amore. Questo è il punto focale, il passo finale del nostro viaggio all’interno del sacrificio eucaristico: Cristo, come abbiamo visto, ci offre il suo corpo, il suo Cuore, da mangiare. Per quanto macabra può sembrare a chi non crede una tale affermazione, questo stesso concetto si ritrova più e più volte rappresentato nell’immaginario letterario e culturale del nostro continente.

In Italia, ma non solo, possiamo citare degli esempi antichi e illustri: ad esempio, entrambi i due fiorentini Dante Alighieri e Giovanni Boccaccio usano il topos della cardiofagia, il primo in un suo sonetto da La Vita Nova (capitolo III)[2] e l’altro in una Novella del celeberrimo Decamerone (IV giornata, IX novella, di ispirazione trobadorico-provenzale). Ma di secolo in secolo, anche in epoca moderna, il tema del “cuore mangiato” torna più volte con diverse sfumature e significati: da Stendhal a Walt Disney, dal cantautore De André al cantante Achille Lauro.

Forse l’esempio più forte è rappresentato dai film dell’italiano Marco Ferreri (1928-1997), regista surreale, dallo stile grottesco, concentrato spesso sul tema del cibo (il suo film più famoso è stato “La grande abbuffata”), come ricerca simbolica di “pienezza”, che però porta sempre alla morte. In uno dei suoi ultimi film, dal nome icastico “La carne” (1991), il divorziato Paolo incontra Francesca (“guarda caso” gli stessi nomi dei due amanti, che Dante incontra nel suo viaggio nell’Inferno), donna procace, ricca di “carne” e dalla pelle eburnea, di cui lui si “abbuffa” sessualmente. Tutto il film è impregnato del tema della morte e della vita e di una folle esperienza estatica del protagonista: “Tu sei Dio”, urla Paolo gettandosi, adorante, ai piedi di Francesca, “un momento così dovrebbe durare l’eternità”. Alla fine, ancora non abbastanza appagato dal possesso totale del corpo di Francesca, Paolo la uccide per cibarsi di lei.

San Giovanni apostolo, durante l'Ultima Cena, che trova riposo fra le braccia e sul petto di Gesù

Queste storie si possono suddividere in due grandi soggetti: l’antropo-/cardiofagia per disprezzo, per vendetta, insomma, con un intento crudele in sottofondo, oppure quella per amore, o per qualcosa di presunto tale, ovvero il desiderio di possedere o di farsi possedere per l’eternità. Ma alla fine tutti hanno un unico filo conduttore e cioè la distruzione, perché non esiste esperienza umana che rispetti totalmente l’altro e che sia allo stesso tempo ragionevole e appassionata: tutti i tentativi di raggiungimento di un’unione veramente piena ed infinita senza Dio, falliscono. Il rapporto di coppia non potrà mai sfamarci e dissetarci del tutto, anche se ci promettiamo dedizione totale ed eterna.

Solo Colui che può dare tutto se stesso, soffrendo per noi e amandoci fino alla morte, per poi sconfiggerla e regalarci la vita eterna, può dire:

prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi.

Non c’è distruzione in questo, c’è solo un Amore completo e vivificante.

Termino questo excursus con le parole del venerabile arcivescovo americano Fulton John Sheen, tratte dal suo libro “Tre per sposarsi”, che molto meglio delle mie esprimono il concetto a cui siamo arrivati passo dopo passo, e auguro a tutti una gioiosa e consapevole festa del Corpus Domini.

L’unità non deve quindi significare assorbimento, o annichilimento, o distruzione, ma il compimento dell’uno nell’altro. Formare una cosa sola senza cessare di essere due persone distinte, ecco il paradosso dell’amore! Tale ideale non ci è dato di attuarlo nella vita perché siamo dotati di corpi come siamo dotati di anima. La materia non può interpenetrarsi! Dopo l’unione della carne ciascuno dei due è ricacciato dentro la propria personalità individuale.

È soltanto nel sacramento della Comunione che ci viene offerta, sulla terra, la più vicina approssimazione a un tale congiungimento, ma anche quest’approssimazione è il riflesso di un amore soprannaturale. Noi non potremo mai darci ad altri in modo completo, né gli altri possono darsi completamente a noi. Ogni amore terreno patisce di questa incapacità dei due amanti a formare un essere solo, eppure distinto.

La più grande sofferenza di chi ama proviene da questa esteriorità, da questo stato di separazione dell’amato! Ma in Dio, l’Amore che congiunge il Padre e il Figlio è una fiamma vivente, è il bacio perenne del Padre e del Figlio. Nell’amore umano non c’è nulla di abbastanza profondo per rendere personale l’amore scambievole, ma in Dio lo spirito d’amore che unisce il Padre e il Figlio è così personale che è chiamato Spirito Santo.

(Fulton J. Sheen)

Altre fonti:

https://www.uccronline.it/2013/07/03/il-miracolo-eucaristico-di-buenos-aires-e-le-analisi-scientifiche/

Michael Hesemann: Menetekel – Prophezeiungen, Visionen, blutende Hostien BONIFATIUS (2017)


[1] Non stupisce quindi, viste tutte le premesse, che anche il sangue sgorgato dagli occhi di qualche statua o icona della Madonna sia di tipo maschile.

[2] Sonetto «A ciascun’alma presa e gentil core»: „[…]Allegro mi sembrava Amor tenendo/meo core in mano, e ne le braccia avea/madonna involta in un drappo dormendo.// Poi la svegliava, e d’esto core ardendo/lei paventosa umilmente pascea:/appresso gir lo ne vedea piangendo.“

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